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Studio fotografico Bertazzini
Conservato presso l’ARCHIVIO NAZIONALE CINEMATOGRAFICO DELLA RESISTENZA (Torino) sin dalla metà degli anni Ottanta, il fondo Studio fotografico Bertazzini, prodotto durante i decenni di attività dello studio fondato e diretto da Luigi Bertazzini (1907-1979), è stato finalmente riportato alla luce dopo una vicenda purtroppo assai comune agli archivi e, in particolare, al materiale fotografico. A partire dal 2016 il fondo, rilevante, come vedremo, da un punto di vista quantitativo ma anche storico-culturale, è stato oggetto di un intervento volto a preservarne l’integrità e a censirne il contenuto, in termini sia di tipologia dei fototipi presenti sia di soggetti delle riprese, dal momento che non esisteva né un elenco di versamento né alcuno strumento di consultazione.
Una parte della storia di questo fondo era nota: negli anni Ottanta il fondatore dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza di Torino, Paolo Gobetti, aveva deciso di traslocare il materiale (105 scatoloni) nei depositi dell’archivio onde evitarne la distruzione. Infatti, come è stato possibile ricostruire grazie alla disponibilità del figlio di Luigi Bertazzini, Walter, che è stato rintracciato durante le ricerche preliminari l’avvio del progetto, la maggior parte dell’archivio del padre era stata destinata allo smaltimento. Grande è stato quindi lo stupore del figlio nell’apprendere che quell’enorme quantitativo di negativi, stampe e custodie, stipati in due stanzini a fianco delle sale di posa e di sviluppo in cui spesso si aggirava bambino, era stato recuperato ed era quindi, inaspettatamente, sopravvissuto alla distruzione. Walter Bertazzini ci ha infatti spiegato che, alla morte del padre nel 1979, aveva deciso di rinunciare all’eredità, e aveva spostato tutto il materiale conservato nei locali dello studio in un deposito provvisorio perché fosse smaltito. Per ragioni che non è stato possibile ricostruire, l’archivio non fu distrutto, e rimase abbandonato per alcuni anni in locali che, fortunatamente, hanno consentito la conservazione dei negativi e delle stampe in condizioni accettabili di temperatura e umidità. Soltanto nel 2016, dopo oltre trent’anni, è stato possibile iniziare il lavoro di censimento e di messa in sicurezza del fondo grazie al cofinanziamento della Regione Piemonte, ed è stata realizzata la schedatura e la digitalizzazione di una piccola parte del materiale (1000 negativi), che proseguirà nel 2018 con la riproduzione digitale e la schedatura di un nuovo lotto di negativi.