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Archivio fotografico Alfonso Casanova
La prima serie in cui si articola il fondo risale al febbraio 1928.
Grazie a ricerche condotte nell'Archivio storico dell'Istituto Casanova nel 2019, in occasione di un progetto didattico le cui risultanze sono state pubblicate nel catalogo ebook « L'Inventario. Fotografie dell’Istituto Casanova -1928 », si è individuato l’autore delle fotografie: Domenico Losacco De Gioia. Dai conti consuntivi apprendiamo infatti che Il 13 marzo 1928 l’Istituto Casanova emette un mandato di pagamento di 1.440 lire a favore del Losacco De Gioia “per spese di fotografia dei locali della Scuola”; nella nota allegata si precisa “per n. 32 negative di fotografie dei locali” e centonovantadue stampe fotografiche su carta.
Domenico Losacco De Gioia è stato un fotografo di documentazione del patrimonio storico-artistico, architettonico e archeologico di Napoli e della Campania, sue fotografie sono reperibili nei Cataloghi generali dei Beni Culturali e dell'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, nella Biblioteca dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e nella Fondazione Zeri , presso l'Università di Bologna. Le notizie sulla sua vita sono tuttavia molto scarne, sappiamo che nel 1935 era in servizio con il titolo di professore e con la qualifica di primo disegnatore tra i funzionari dell’Ufficio della Soprintendenza e Museo Nazionale di Napoli, allora diretti da Amedeo Maiuri.
Il lavoro fotografico del Losacco per l’Istituto Casanova fu commissionato in un periodo segnato dall’affermazione politica e culturale del regime fascista, presumibilmente nell’ottica di favorire interventi statali a vantaggio della scuola. Il lavoro ebbe corso durante un anno importante per la storia dell’istruzione professionale; nel 1928, infatti, con il ministro Giuseppe Belluzzo, in coerenza con la politica di accentramento del regime, le scuole professionali, che dipendevano dal Ministero dell’Economia, passarono alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione.
Nel 1932, solo quattro anni dopo, il documentario dell'Istituto Luce « La Scuola di avviamento al lavoro "Casanova"» testimonia una sorta di militarizzazione dell'Istituto e il suo compiuto inquadramento nell’ambito della propaganda fascista.
https://patrimonio.archivioluce.com/luce-web/detail/IL5000032033/2/la-scuo-la-avviamento-al-lavoro-casanova.html&jsonVal=)
La seconda serie del fondo comprende quarantadue lastre che mostrano in gran parte gli stessi luoghi, anche se trasformati, dell’ex Convento di San Domenico Maggiore. Questa serie, databile a dopo il 1933 grazie a testimonianze documentali indirette, attesta una fase della vita istituzionale dell’ente pienamente gravitante nell’orbita delle direttive ministeriali interne al regime fascista. Attraverso il confronto tra le fotografie e i documenti d’archivio relativi all’acquisto di un proiettore cinematografico, tuttora conservato nella scuola, abbiamo ricostruito l’attività della sala cinematografica della scuola tra il 1933 e il 1939, di cui abbiamo un significativo documento visivo in una lastra fotografica della serie.
La sala cinematografica fu allocata nell’ampio salone che fino ad allora aveva ospitato il Museo industriale dell’Istituto, dove erano esposti i prodotti delle antiche officine attive nella cittadella di San Domenico, che furono trasferiti nei corridoi monumentali di San Tommaso e dello Studentato. La vicenda della sala cinematografica rispecchia emblematicamente la storia dell’Istituto di quegli anni, che appare segnata dalla definitiva dismissione dell’antica scuola di Arti e Mestieri e delle sue memorie storiche, sostituite dalle nuove istanze dell’istruzione tecnica e della propaganda di regime, con l’introduzione dei nuovi indirizzi tecnici per radioelettricisti, telegrafisti, e tecnici pre-aeronautici, specializzati nella produzione e nell’assemblaggio di componenti di aeroplani. Nuovi indirizzi volti a formare non più operai per l'industria e le imprese artigiane locali, ma operai specializzati per lo sviluppo della grande industria nazionale e per le forze militari del paese.
Irene Calvano